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20 giugno 2020 - 14:27
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Quel giorno è rimasto nella memoria collettiva di tutti. Sliding doors come a volte capitano, ma così certo a pochi. Perché in pochi secondi Alex Zanardi (qui le sue attuali condizioni, qui la cronaca dell’incidente di venerdì) rimase con un solo litro di sangue in corpo e senza entrambe le gambe, maciullate e tagliate. Le speranze dei medici erano molto vicine allo zero. «Mi hanno studiato anche alla Nasa»: Alex quando lo ricorda ci scherza su. Ma era vero.
Era il 15 settembre del 2001. Il circuito quello del Lausitzring, in Germania. Alex aveva ripreso a guidare quell’anno nella categoria CART, negli Stati Uniti, dove aveva già corso tra il 1996 e il 1998 (vincendo per due volte il titolo, nel ‘97 e nel ‘98). Era poi tornato in Formula 1: ma l’esperienza con la Williams gli aveva lasciato diverse delusioni, più per mezzi non all’altezza che per demeriti suoi. Così si era preso qualche tempo per fermarsi e riflettere. Ma non riusciva a stare lontano dalle auto. Così aveva deciso di tornare nel campionato americano, nel 2001. Con una scuderia nuova, quella di Mo Nunn. Inesperta, ma motivata.
Quel giorno di metà settembre il tempo non era dei migliori. Quattro giorni prima c’era stato l’attacco terroristico alle Torri Gemelle, ma gli organizzatori non fermarono la corsa, come era avvenuto in altre manifestazioni. Vollero che fosse un «American Memorial», come denominarono la gara. Le qualifiche vennero cancellate per la pioggia e si partì nell’ordine di classifica di quel Mondiale, dove Alex non era messo benissimo e quindi prese lo start dalla ventiduesima posizione. Come sempre, questo non lo fermò: una rimonta straordinaria, fino alla testa della gara.
Mancavano tredici giri al termine. Alex si ferma per l’ultima sosta. Sta uscendo dai box, perde il controllo della vettura, probabilmente per le condizioni della pista, dove pare ci fosse olio mischiato ad acqua. Stavano arrivando due auto. Quella di Patrick Carpentier riuscì ad evitarlo, ma non ce la fece Alex Tagliani. Un impatto tremendo contro la parte frontale della Reynard Honda di Zanardi. Gambe subito amputate, sangue che colava. L’intervento di Steve Olvey, responsabile medico della Cart, lo bloccò, chiudendo le arterie femorali. Alex fu portato in elicottero all’ospedale di Berlino. Quattro giorni di coma farmacologico, sei settimane di ricovero e quindici operazioni. Si svegliò e trovò accanto la moglie Daniela, sempre al suo fianco ovunque gareggiasse. Fu lei a dirgli subito la verità sulle sue condizioni. Alex le chiese se fosse ancora in pericolo di vita. «No», rispose lei. Lui la guardò con l’amore di sempre: «Allora affronteremo tutto questo». Lo fecero nel migliore dei modi, tanto che poi Alex, quando ricorda quel momento, lo definisce «la più grande opportunità della mia vita».
20 giugno 2020 (modifica il 20 giugno 2020 | 15:55)
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